1929 – da Giustizia e Libertà al Partito d’Azione
Giustizia e Libertà fu un movimento politico liberal-socialista fondato a Parigi nell’agosto del 1929 da un gruppo di esuli antifascisti, tra cui emerse come leader Carlo Rosselli.
Il movimento era vario per tendenze politiche e per provenienza dei componenti, ma era comune la volontà di organizzare un’opposizione attiva ed efficace al fascismo, in contrasto con l’atteggiamento dei vecchi partiti antifascisti, giudicati deboli e rinunciatari.
Il movimento Giustizia e Libertà svolse anche un’importantissima funzione di informazione e sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica internazionale, svelando la realtà dell’Italia fascista che si nascondeva dietro la propaganda di regime, in particolare grazie all’azione di Gaetano Salvemini, che era stato l’ispiratore del gruppo e il maestro di Rosselli.
Alla fine del 1926, Carlo Rosselli, antifascista, iscritto al Partito Socialista Unitario (PSU) di Filippo Turati e del compianto Giacomo Matteotti, allievo del liberal-socialista Gaetano Salvemini, venne arrestato e condotto prima nel carcere di Carrara e in seguito in quello di Como.
Nel dicembre del 1926 fu deliberato nei suoi confronti il provvedimento di confino per 5 anni da scontare a Lipari. Tentò la fuga più volte, senza successo. Solamente il 27 luglio 1929 a bordo di un motoscafo, assieme ai compagni di confino Francesco Fausto Nitti e Emilio Lussu (avvocato e leader del Partito Sardo d’Azione), riuscì nell’impresa e, il 1º agosto, via Marsiglia, raggiunse Parigi[1].
Rosselli e Lussu si trasferirono all’Hôtel du Nord de Champagne, a Montmartre; qui, dopo pochi giorni, ebbe i natali il movimento Giustizia e Libertà, grazie anche al contributo di altri fuoriusciti antifascisti, tra cui proprio Salvemini, residente in Saint-Germain-en-Laye presso l’abitazione del giornalista Alberto Tarchiani. Il simbolo del movimento – una fiamma, con nel mezzo le sigle G e L – fu disegnato da Gioacchino Dolci, un altro esule che aveva partecipato all’organizzazione dell’evasione di Rosselli da Lipari[2]. Oltre agli esuli succitati, aderirono al nuovo movimento anche Alberto Cianca, Raffaele Rossetti, Francesco Fausto e Vincenzo Nitti. I triumviri incaricati di guidare il movimento furono Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Alberto Tarchiani.
Giustizia e Libertà non nasceva come partito, ma come movimento rivoluzionario e insurrezionale in grado di riunire tutte le formazioni non comuniste che intendevano combattere e porre fine al regime fascista, cavalcando la pregiudiziale repubblicana. Così si apriva il primo numero del periodico pubblicato dal gruppo:
« Provenienti da diverse correnti politiche, archiviamo per ora le tessere dei partiti e fondiamo un’unità di azione. Movimento rivoluzionario, non partito, “Giustizia e libertà” è il nome e il simbolo. Repubblicani, socialisti e democratici, ci battiamo per la libertà, per la repubblica, per la giustizia sociale. Non siamo più tre espressioni differenti ma un trinomio inscindibile. »
1942 – la “rinascita” del Partito d’Azione
Il 4 Giugno 1942 nella casa romana di Federico Comandini, nasce clandestinamente il Partito d’Azione costituita da
- esponenti repubblicane di estrazione liberal democratica come Ugo La Malfa, Adolfo Tino e Mario Bracci
- personalità del mondo progressista e radicale come Guido Dorso, Tommaso Fiore, Luigi Salvatorelli, Adolfo Omodeo
- liberalsocialisti Guido Calogero, Norberto Bobbio e Tristano Codignola.
Il Partito d’Azione deve il suo nome all’omonimo partito fondato da Mazzini nel 1853 e sciolto nel 1867 e che aveva avuto tra i suoi obiettivi le elezioni a suffragio universale, la libertà di stampa e di pensiero, la responsabilizzazione dei Governi nei confronti del popolo.
I giellisti aderirono progressivamente al nuovo partito che, dopo l’8 settembre 1943, rappresentò l’organizzazione a cui facevano riferimento i combattenti partigiani delle Brigate Giustizia e Libertà. Oltre a Lussu, Rossi e Trentin, entrarono nel Pd’A. anche Alberto Tarchiani e Alberto Cianca (per ricordare solo gli esponenti principali).
Gli esponenti del Pd’A vennero chiamati “azionisti”, l’organo ufficiale di comunicazione fu L’Italia libera.
I punti per il cambiamento radicale della società italiana che il Pd’A si prefiggeva, oltre ovviamente alla lotta contro il fascismo:
- rottura con l’Italia pre-fascista, in contrapposizione ai liberali
- laicizzazione della società, in contrapposizione ai democristiani
- una società democratica progressista ma pluralista e con ordinamenti politici liberali, in contrapposizione con i comunisti
Il partito si proponeva come scopo principale la realizzazione di un progetto di equità, accompagnato dalla giustizia sociale e dalla fede incrollabile nella democrazia e nella libertà. Era anche europeista e proclamava la necessità di costituire una formazione politica antifascista, a metà strada fra la Democrazia Cristiana (definita immobilista), il Partito Socialista e i comunisti, con i quali gli azionisti discordavano riguardo alla proprietà privata e, soprattutto, riguardo al concetto di dittatura del proletariato, identificato con la dittatura del partito.
Comunque anche il Pd’A, almeno nella sua componente liberal-socialista, era molto distante dall’ideologia liberista e, nelle componenti più di sinistra come Bruno Trentin, Emilio Lussu, Vittorio Foa, attraversato da visioni di socializzazioni parziali dei mezzi di produzione e democratizzazione del sistema produttivo, mentre la stragrande maggioranza del partito si espresse più volte in favore della nazionalizzazione dei complessi industriali e dei servizi pubblici come acqua, energia elettrica, autostrade, distribuzione di combustibili e riscaldamenti, gas.
Con evidente capacità predittiva, il Pd’A riassunse in sette punti il programma politico per l’ordinamento riformatore che avrebbe dovuto seguire la fine dell’era fascista:
- Costituzione di una repubblica parlamentare con classica divisione di poteri
- Decentramento politico-amministrativo su scala regionale (Regionalismo)
- Nazionalizzazione dei grandi complessi industriali
- Riforma agraria (revisione dei patti colonici)
- Libertà sindacale
- Laicità dello stato e separazione fra Stato e Chiesa
- Proposta di una federazione europea dei liberi stati democratici.
Molti di questi punti sono divenuti realtà nell’Italia repubblicana.
Il Pd’A fu attivo durante la guerra di Resistenza, organizzando diverse formazioni partigiane tra cui spiccano le brigate Giustizia e Libertà, le formazioni GL dette “gielline” o “gielliste”, seconde per numero soltanto a quelle “garibaldine”, riconducibili al Partito Comunista. I partigiani giellini si riconoscevano per i fazzoletti di colore verde. Tra costoro – tutti facenti parte del Partito d’Azione – si possono ricordare Ferruccio Parri, nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) comandante militare unico della Resistenza, Antonio Giuriolo e Riccardo Lombardi, nominato nel 1945 prefetto di Milano dal CLN dell’Alta Italia (CLNAI).
A Roma, le squadre cittadine GL subirono subito arresti e perdite notevoli. Il 5 febbraio, per le percosse subite, morì in carcere Leone Ginzburg, redattore del foglio clandestino L’Italia Libera. Il 24 marzo, alle Fosse Ardeatine, ben 57 furono i caduti appartenenti al Partito d’Azione, tra i quali Pilo Albertelli, Ugo Baglivo e Domenico Ricci.
1945 – Il ruolo del Pd’A nel dopoguerra e la sua (prematura) scomparsa
Finita la guerra, il P.d’A. partecipò alle trattative per la nascita di un governo d’unità nazionale che guidasse la ricostruzione democratica ed economica dell’Italia. Aderì quindi al governo Bonomi e nel giugno del 1945 ottenne addirittura la presidenza del Consiglio con Ferruccio Parri, presidente del partito e già vice-comandante del Corpo Volontari della Libertà. Fu questo il momento di massimo consenso e potere per il P.d’A, anche se già con la caduta del governo Parri nel novembre ’45 iniziava l’inesorabile declino. In questo periodo, il partito cercò di ampliare la propria base con l’ingresso di intellettuali repubblicani, liberalsocialisti e radicali.
Al primo congresso del febbraio 1946 emersero chiaramente le divisioni interne al P.d’A.: il partito approvò l’adesione alla costituenda Assemblea Costituente ma poi le divisioni fra le due correnti principali esplosero; la tendenza radical-democratica, guidata da Ugo La Malfa, dopo un acceso scontro verbale con Emilio Lussu, a capo della tendenza socialista, abbandonò il partito dando vita alla Concentrazione Democratica Repubblicana, che poi confluì nel Partito Repubblicano Italiano. La divisione fu un colpo duro per il P.d’A, che iniziò a dissolversi; le elezioni del 2 giugno 1946 furono un fallimento: ottenne solo l’1,5% dei voti e 7 eletti, che riuscirono a comporre un gruppo parlamentare Autonomista solo con l’apporto dei due eletti del Partito Sardo d’Azione e del valdostano Giulio Bordon.
Un secondo congresso fu convocato ad aprile del 1947 con l’obiettivo di rilanciare il partito, ricucire lo strappo dei repubblicani e eleggere una nuova classe dirigente. I dissensi interni, legati a tematiche importanti come la partecipazione al governo De Gasperi II e ad altri temi, emersero nuovamente. Formato da una élite di intellettuali, privo di una strategia che riducesse il distacco con le masse che il risultato delle elezioni aveva messo in evidenza, il partito si sciolse. I suoi membri aderirono soprattutto al Partito socialista, altri al Partito Socialista Democratico Italiano o al Partito repubblicano, pochi altri entrarono nel Partito comunista. In seguito, alcuni di essi (per es. Valiani, Ernesto Rossi) furono fra i fondatori del Partito Radicale. In Sardegna, Emilio Lussu guidò gli scissionisti che uscirono dal Partito Sardo d’Azione verso l’adesione al Partito socialista.
Altri movimenti che si ricollegano a Giustizia e Libertà
Soltanto a partire dagli anni novanta si tentò di riallacciare i rapporti all’interno della diaspora giellista e azionista, dapprima con la costituzione, nel 1993, del Movimento d’azione Giustizia e Libertà (alla cui presidenza fu chiamato Aldo Garosci), in seguito con la costituzione della Federazione nazionale dei circoli Giustizia e Libertà, il cui coordinatore è Vittorio Cimiotta. Quest’ultima è un'”associazione di associazioni” (facente capo allo storico Circolo “Giustizia e Libertà” fondato a Roma nel 1948) priva di finalità di tipo partitico, ma esclusivamente di studio e diffusione del patrimonio ideale, culturale e politico di GL e del Pda. Su questi temi collabora con le fondazioni, gli istituti storici, gli archivi e le associazioni con questo comune interesse.
A Torino, nel 1993, si costituì il Movimento d’Azione Giustizia e Libertà ( con finalità di politica riconducibili ai partiti della sinistra) sotto l’egida culturale di Alessandro Galante Garrone e di Guido Fubini che lo presiedette sino al decesso. Dal 2010 è presidente Antonio Caputo; ha organizzato e coorganizza importanti eventi, come la manifestazione del 29 aprile 2001 al Cinema Eliseo di Torino che fu occasione per diffondere l’appello di Bobbio, Galante Garrone, Sylos Labini, Pizzorusso, per battere col voto la cosiddetta “casa delle Libertà”; il Palavobis del 2002, “se non ora quando” del 2011. Esprime la linea attualizzata dell’azionismo torinese, inteso come metodo che intende coniugare pensiero e azione, nella difesa e attuazione della Carta costituzionale e dell’affermazione dei principi sempre attuali di Giustizia e Libertà.
Intanto la maggior parte del Nuovo Partito d’Azione cerca di migliorare lo statuto del NPA lottando per una maggiore democrazia interna, rimanendo fedeli ai valori azionisti (non a caso gli azionisti parlavano di “rivoluzione democratica”) pero nel 2012, invece di fare un salto di qualità, il Segretario, nonostante un voto a favore di una maggior democrazia interna (10 a favore, 2 astenuti, 0 contro) annulla le votazioni, mostrando di una grave incoerenza tra i valori azionisti e la messa in pratica di questi valori. Questo porta il gruppo di giovani militanti del NPA a chiedere chiarimenti ed esigere la validazione del voto. Il Segretario decide di espellere dal NPA 80% dei membri dell’Assemblea.
Gli esuli del NPA, azionisti nel cuore, sentono il bisogno ed il dovere di continuare la lotta politica per i valori azionisti e dopo un periodo di riflessioni e di discussioni, nasce la carta dei valori di Sinistra d’Azione. Alla fine del 2012 una parte dei membri prosegue l’attività politica a livello locale (VIA a Bergamo), l’altra parte, costituita da A. Fontana, E. Melandri, F. Postiglione, S. Mulas e S. Beretta fonda Sinistra d’Azione il 12 gennaio 2013.
2013: LA NASCITA E LE PRIME AZIONI PER UNIRE L’ARIA AZIONISTA…
SINISTRA D’AZIONE NASCE IL 12 GENNAIO 2013 DALL’INCONTRO DI DIVERSE PERSONE, SUL TERRITORIO ITALIANO, ACCOMUNATE DALL’ORIENTAMENTO AI VALORI ED AGLI IDEALI ISPIRATI DAL PARTITO D’AZIONE.
L’OBIETTIVO CHE MOTIVA LA SUA NASCITA È CREARE UNA RETE AZIONISTA CAPACE DI ACCOGLIERE E COINVOLGERE QUANTI IN ITALIA VOGLIANO RIFARSI A QUESTI STESSI VALORI, PER PROMUOVERE E SVILUPPARE IL PENSIERO AZIONISTA NEL PANORAMA POLITICO ITALIANO, SVOLGENDO CONTEMPORANEAMENTE UNA AZIONE DI DIVULGAZIONE CULTURALE MA ANCHE DI AZIONE POLITICA SUL TERRITORIO.
QUESTO OBIETTIVO CONDUCE SD’A ALLA CREAZIONE DEL “COMITATO 17 MAGGIO”, POI DIVENUTO “COMITATO 21 GIUGNO”, UN CONTENITORE POLITICO CAPACE DI FAR CONVOGLIARE DIVERSE ESPERIENZE DA AREE POLITICHE CONTIGUE, GIM CASSANO, FONDAZIONE CRITICA LIBERALE, FELICE BESOSTRI, MOVIMENTO RADICALSOCIALISTA, LEGA DEI SOCIALISTI DI LIVORNO, CIRCOLO ROSSELLI MILANO, LANFRANCO TURCI ED IL NETWORK PER UN SOCIALISMO EUROPEO FINO A RAGGIUNGERE E COINVOLGERE ORGANIZZAZIONI DEL MONDO SOCIALISTA E REPUBBLICANO (DI SINISTRA).
DA QUESTA SIGNIFICATIVA ESPERIENZA, CHE HA IL PREGIO DI CREARE UNA RETE DI RELAZIONI TRA ESPONENTI DI MOLTEPLICI PICCOLE REALTÀ CHE CONDIVIDONO UN OMOGENEO ORIENTAMENTO POLITICO, NASCE NEL 2014 L’OPPORTUNITÀ DI PARTECIPARE ATTIVAMENTE A POSSIBILE, MOVIMENTO POLITICO APPARENTEMENTE ALLINEATO CON I VALORI AZIONISTI, CHE SEMBRA OFFRIRE SPAZIO ALLA CREAZIONE DI UNA PRIMA “CELLULA” DI ISPIRAZIONE SOCIALISTA LIBERALE, DIVENTANDO COSÌ IL LABORATORIO ATTIVO PER UNA UNIONE DELLE VARIE ANIME DI SINISTRA. A MILANO, SD’A, IL CIRCOLO ROSSELLI E FONDAZIONE CRITICA LIBERALE CREANO IL PRIMO COMITATO DI POSSIBILE DAL NOME ESPLICITO DI “SOCIALISMO LIBERALE”
L’ESPERIENZA DI POSSIBILE, TERMINATA PER L’IMPOSSIBILITÀ DI UNA VERA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA, HA COMUNQUE PERMESSO DI UNIRE L’AREA DI ORIENTAMENTO AZIONISTA SOCIALISTA LIBERALE A MILANO, COINVOLGENDO PIÙ DI 40 ISCRITTI ATTIVI, TRA AZIONISTI, REPUBBLICANI DI SINISTRA, SOCIALISTI E LIBERALSOCIALISTI.
IN NOME DEL BEN NOTO MOTTO CARO AI FRATELLI ROSSELLI, “NON MOLLARE!”, SINISTRA D’AZIONE CONTINUA IL SUO LAVORO POLITICO E PARTECIPA ATTIVAMENTE AL MOVIMENTO CIVICO “ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIE E L’UGUAGLIANZA” DI ANNA FALCONE E TOMASO MONTANARI.
SD’A COLLABORA ATTIVAMENTE CON LA CASA DEGLI IROCHESI DI ROMA PRODUCE UNO DEI PRIMI DOCUMENTI TEMATICI DELL’APDU: IL DOCUMENTO “SANITÀ”. PURTROPPO ANCHE QUESTA NUOVA INIZIATIVA DEL POPOLO DELLA SINISTRA, CHIAMATA ALLEANZA DEL BRANCACCIO, FINISCE SOTTO LA PRESSIONE DELLE IMMINENTI ELEZIONI E LA CREAZIONE DI LEU.
DOPO UN PERIODO DI STUDIO E DISCUSSIONE INTERNA, SDA DECIDE DI SCHIERARSI CON EUROPA VERDE NELLE ELEZIONI EUROPEE DEL MAGGIO 2019. SI IMPEGNA ATTIVAMENTE NELLA CAMPAGNA PORTATA AVANTI DA POSSIBILE ED IL PARTITO DEI VERDI. L’ESPERIENZA DI EUROPA VERDE CONTINUA DOPO LE ELEZIONI EUROPEE E SDA DECIDE DI IMPEGNARSI COMPLETAMENTE ALL’INTERNO DI QUESTA NASCENTE FEDERAZIONE, CERCANDO DI PORTARE UN CONTRIBUTO DI VALORI E TEMI AZIONISTI.
NON ESISTE GIUSTIZIA SOCIALE E LIBERTÀ SENZA GIUSTIZIA AMBIENTALE!